Confraternita B. V. M. del Rosario

La costituzione formale della Confraternita del S.mo Rosario a Castellaneta è dell’11 gennaio 1832, data della concessione del beneplacito e dell’ap-provazione delle regole da parte di Ferdinando II Re delle Due Sicilie. Quaranta articoli, secondo il modello della consulta del Regno, valido schematicamente per tutti i sodalizi confraternali, approvati e vidimati, secondo la prassi dell’epoca, dal Re e dal presidente del Consiglio dei Ministri Duca di Gualtieri.

Storicamente è un momento comples-so per via della precedente soppressio-ne del Convento Domenicano, avve-nuta nel 1808, con la quale la comunità esistente fu dispersa e i pochi frati ancora dimoranti avviati verso qualche comunità ancora in vita oppure ridotti al secolo. La proprietà della comunità domenicana fu per legge assegnata alla pubblica amministrazione e in particolare, dopo qualche anno, al Comune di Castellaneta che trasferì in poco tempo e senza grande sforzo, nel grande complesso del Convento, il Municipio, gli uffici comunali, e tutte le funzioni pubbliche allora esistenti a Castellaneta, compresa la Gendarmeria e i locali delle carceri.1 La chiesa invece rimase chiusa e fu abbandonata per molti anni. Ma poiché si trattava di una chiesa grande, sita in posizione centrale, non passò un decennio che fu riaperta al culto e affidata, per intercessione dell’Ordi-nario Diocesano pro-tempore, al Reverendo Canonico Don Francesco Gigante: “…dopo la soppressione dei Domenicani, ritrovandosi quella chiesa quasi nel centro della città, a pubblica domanda presso il Signor Intendente della Provincia, venne accordato che restasse aperta al culto Divino, per cui dall’ordinario di quel tempo venne affidata alli reverendi Diaconi Curati, da reputarsi come una chiesa coadiutrice della Curia e sin da allora ne prese il pensiero il Rev. Curato Don Francesco Canonico Gigante”.2

Con il rivitalizzarsi delle attività liturgiche e pastorali ritornò l’idea di un nuovo sodalizio confraternale. E come solitamente accade, trattandosi di associazionismo indotto,3 nella nostra chiesa, ritornata alla sua funzione, fu suggerita dai Padri Missionari la costituzione di una nuova Confraternita che cominciò ad operare nel 1823,4 aggregando un numero di confratelli sempre più grande, fino a diventare effettiva e formalmente riconosciuta, come si è detto, con il nome di Congregazione del SS.mo Rosario, nel 1832.

L’antica Confraternita

Gli archivi parrocchiali raramente conservano la documentazione confraternale più antica. Nel caso nostro nemmeno quella dell’ottocento e del novecento, poiché la documen-tazione risulta dispersa, e le scarse fonti documentarie sono soltanto nell’archivio storico della Curia Vescovile e nell’Archivio Storico Statale di Taranto.

Del resto l’antico archivio della Confraternita è quasi certamente confluito in quello parrocchiale, come accade spesso quando la Confraternita ha sede nella medesima chiesa. Ancora più complessa la situazione quando era un Ordine a guidare la vita spirituale della Confraternita. Ed è proprio il caso nostro perché con la soppressione napoleonica oltre all’improvvisa interruzione delle attività liturgiche e pastorali si ebbe l’interruzione di un secolare rapporto tra Ordine domenicano e Confra-ternita, disperdendo tra l’altro il patrimonio archivistico che sicuramente doveva esserci nel convento. E non restano nemmeno consistenti tracce nell’archivio della Curia Vescovile, come invece accade per altri sodalizi castellanetani, perché gli ordini conventuali erano notoriamente indipendenti dall’Ordinario Dioce-sano, dovendo rispondere invece gerarchicamente al Padre Provinciale.

Nelle chiese dei Domenicani, insieme all’altare del Santo, non manca mai un altare dedicato alla Madonna del Rosario, la cui memoria liturgica trae origine dalla memoria della Beata Vergine Maria della Vittoria, istituita dal Papa domenicano S.PioV

in seguito alla vittoria conseguita a Lepanto, il 7 ottobre 1571, dall'armata navale cristiana, costituita dalle flotte di Venezia, della Spagna, della Santa Sede, di Genova e di Savoia, contro l'armata turca che aveva occupato parte dell'Europa e dominava il mediterraneo minacciando l'intera cristianità. Su sollecitazione del Papa si costituì, fra le nazioni cristiane, una lega e fu allestita una flotta, mentre tutti i cristiani si mobilitarono spiritualmente invocando l'aiuto della Santa Vergine con la recita del Rosario. Domenica 7 ottobre 1571 la flotta cristiana e quella turca si scontrarono nel golfo di Lepanto; i cristiani, nonostante fossero inferiori nelle forze, riportarono una grande vittoria che segnò il declino del-l'impero ottomano. Tra i molti trofei di guerra uno divenne oggetto legato alla religione, una piccola catena con piccoli grani, l'attuale Rosario. Il successo della battaglia fu attribuito da San Pio V alla Madonna “auxilium christianorum” (aiuto dei cristiani) e, per esprimerle la sua gratitudine, istituì una giornata commemorativa in onore della “Beata Vergine delle Vittorie”. Con Gregorio XIII, nel 1573, la festa prese il nome della Beata Vergine Maria del Santo Rosario e venne celebrata alla prima domenica di ottobre, poiché la vittoria era stata conseguita di domenica, mentre l’intera Cristianità era intenta a recitare con fervore il S. Rosario per la buona riuscita della battaglia. Nel 1913, San Pio X la ricondusse alla data storica del 7 ottobre.

Molti indizi e pochi riferimenti nelle fonti documentarie ci assicurano che in tempi molto più antichi ci sia stata una Congrega. Intanto la presenza, in chiesa, ora nel coro al di sopra dell’Altare maggiore ma una volta come pala dell’altare dedicato alla Vergine, nel transetto a sinistra, di un dipinto raffigurante la Madonna del Rosario, attribuito a Gianserio Strafella da Copertino (1574?). Dipinto di grande qualità, straordinario ed affollato di personaggi, di chiara matrice confraternale per la presenza di incappucciati e devoti vari. Siamo alla fine del secolo XVI e la nostra chiesa ancora non era stata eretta: esisteva invece una chiesa sub divo che aveva ereditato lo stesso titulus dedicationis (Chiesa dell’Annunziata) dell’antica costruzione affidata alla costituenda comunità domenicana dal Vescovo di Castellaneta sul finire del 1300. E’ in questa chiesa dell’An-nunziata che doveva trovarsi dunque, alla fine del ‘500, secondo la prassi domenicana voluta dal Papa Pio V, un altare dedicato alla Protettrice e, conseguentemente, una Congrega-zione. Quattro risultano essere le confraternite cittadine nel 1593, anno di redazione di una Relazione “ad limina5 del Vescovo Mons. Bernardo Benedetto,6 scritta in latino. Il Vescovo riferisce, in seguito al formale e obbligatorio adempimento triennale di relazionare sulla situazione della propria Diocesi, singolarmente coincidente con il solo territorio cit-tadino, con 4300 anime, una sola Parrocchia “dicata S.Nicolao” e “nulla monasteria monialium”,7 cioè nessun monastero femminile. Ci sono invece quattro confraternite, del SS.mo Sacra-mento, di S.Maria della Misericordia, del Rosario e del Nome di Gesù, queste ultime due erette nella chiesa dei Domenicani.8 E dal momento che erano state fondate dai Domenicani, dovevano essere state riconosciute canonicamente con decreto del Generale dell’Ordine e non del Vescovo di Castellaneta. La Con-fraternita del Rosario, come è accaduto per altre omonime confraternite, fu con tutta probabilità istituita per volere di Papa Pio V Ghisleri (1566-1572) a seguito della vittoria di Lepanto.9

Situazione confermata venticinque anni più tardi dal Vescovo Mons. Antonio De Mattheis in una relazione10 datata 10 giugno 1618: quattro confraternite laiche di cui “duae sunt sub episcopi iurisditione” cioè solo due sotto la giurisdizione del vescovo, mentre la altre due, Santissimo Nome di Dio e Santissimo Rosario, sono nella chiesa dei frati predicatori (domenicani) e ad essi affidate: “reliquae duae Sanctissimi Nominis Dei et Sanctissimi Rosarii sunt in ecclesiam fratrum predicatorum quorum curae subiiciuntur”.11 E sempre dallo stesso vescovo, nel 1632, apprendiamo che le Confraternite sono diventate sei essendosi aggiunte quella di Santa Maria Maddalena e Morte e quella di Santa Maria dell’Aiuto.12 Sembra che mons. De Mattheis (1618-1635) non avesse buoni rapporti con l’università13 ma sicuramente andava d’accordo con le comunità di frati della sua Diocesi. Fu promotore, nella chiesa dell’Annunziata dei nostri padri predicatori, della costruzione, nel 1633, della cappella di San Domenico di Soriano14 mentre nel 1631 aveva donato ai francescani la sua biblioteca composta di oltre 150 volumi.15

Qualche anno prima, nel 1628, la confraternita aveva avuto il permesso di costruire accanto al chiostro del convento, con una scala esterna che consentiva l’accesso dalla strada, il proprio oratorio “perché si possano celebrare li divini officij, et messe”.16 Nel documento notarile si stabilisce che la costruzione doveva essere realizzata in otto mesi al costo di 200 ducati, a carico dei confratelli attingendo alle entrate della cappella del Rosario ed eventualmente dalle elemosine.17

L’esistenza della Confraternita del SS.mo Rosario è ancora confermata nel 1635,18 nel 1645,19 nel 1648,20 e nel 1680.21 Qui Mons. Bernardini elenca le nove confraternite cittadine distinguendole in relazione alle chiese dove sono costituite. Tre esistenti in Cattedrale (Sacramento, Crocifisso e Consolatrice), quattro fuori della cattedrale, ciascuna nella propria chiesa, e cioè Santa Maria della Misericordia, Santa Maria dell’Aiuto, Beata Maria Maddalena e Confra-ternita della Morte. Le ultime due si trovano nella chiesa dei domenicani: una sotto il titolo della Vergine del Rosario e l’altra sotto il titolo del Nome di Gesù.22

Esistenza confermata poi nel 169923 e infine nel 172724 dal Vescovo Mons. Blasio, nella solita relazione “ad limina”.

Non ci risulta viceversa alcuna menzione della nostra Confraternita nella Santa Visita, durante la quale pure il Presule affronta con autorità il problema delle confraternite cittadine.“La cura che sempre abbia-mo avuto - scrive il Vescovo in un decreto apposito25- di riparare in questa Santa Visita ai tanti e gravissimi disordini delle Confraternite di questa nostra Diocesi che sembrano più presto (sic) corrotte Sinagoghe di Satana che sante adunanze di Chri-stiani”. Il Presule stigmatizza compor-tamenti illeciti nell’elezione dei Deputati e irregolarità nelle iscrizioni e nella gestione delle Consorelle:“Le donne poter essere ascritte alla con-gregazione per partecipare dell’indul-genze solamente”. “E poiché questi abusi sono in tutte le Congregazioni -continua il Decreto- ordiniamo che tutto quanto abbiamo determinato per la Congregazione del SS.mo Sagra-mento inviolabilmente anco s’osservi in queste del SS.mo Crocifisso e di S.Maria La Misericordia […]riservan-doci con altro nostro[decreto] il deter-minare intorno alle Confraternite di S.Maria Maddalena e Morte, di Santa Maria dell’Aggiuto, e di Santa Maria la Consolatrice”.26 Nessuna menzione ai due sodalizi eretti nella chiesa dei domenicani, sulla quale il Vescovo non aveva giurisdizione. Una situazione che durerà fino al primo decennio dell’ottocento, cioè fino al provvedimento di soppressione del convento dei domenicani, con la proprietà affidata al Comune e la chiesa utilizzata, dopo circa un decennio di chiusura, come chiesa coadiutrice della curia.

Con la soppressione i Conventi rimasero vuoti e spesso saccheggiati da profittatori27 e le biblioteche conventuali “quando non andarono a finire nei Seminari locali, furono disperse: qualche cosa si salvò mediante la costituzione di biblioteche civili”.28Le chiese in generale passarono sotto la giurisdizione dei Vescovi e “spesso sotto l’amministrazione delle Confraternite del Rosario, alle quali si deve molto se ancora oggi è vivo lo spirito domenicano nelle nostre contrade”.29 Le Confraternite del Rosario manten-nero vivo il culto della Madonna del Rosario e di San Domenico, ne festeggiavano la solennità con sfarzo e nel tempo ripresero la consuetudine di invitare i padri predicatori, anche da lontano, assumendosi gli oneri.

La nuova Confraternita

 

Riaperta al culto la chiesa, nei primi decenni dell’ottocento, qualcuno favorì la ripresa di una Confraternita dedita agli atti di culto, animata sicuramente da buone intenzioni ma con pochi soldi. Nella Sacra Visita di Mons.Lepore (1828) infatti l’altare del Rosario non è in ordine, il che meraviglia il Presule dal momento che esiste una congregazione: “…Altare del SS.mo Rosario, parati non in ordine, e sebbene abbia una Congregazione, pure perché mancante di rendita, gli esiti per la manutenzione devono andare a carico del Comune cui la Chiesa oggi appartiene, insieme col Convento soppresso”.30 Ma ancora più diretto l’invito del Vescovo al Rettore della Confraternita, e convi-sitatore, il Canonico don Francesco Paolo Perrone:“trovandosi da qualche anno eretta in questa chiesa la Congre-gazione sotto il titolo del Rosario, sarebbe uopo che si presentassero le Regole”.31 Grazie all’attenzione di Mons.Lepore, sappiamo che “il vincolo di fratellanza [dell’antico sodalizio] si dissolse e la Confraternita nel 1823 a cura dei PP. Missionari fu rifatta”.32

Cinquanta anni dopo si registra una situazione analoga, con il direttore e Padre Spirituale Don Francesco Paolo Meledandri (vice don Giovanni Cassano). “Da pochi anni -si registra nella Santa Visita del Vescovo Mariano Positano (1876)- fu istituita questa Confraternita e più per aver persone cui stesse a cuore la custodia della Chiesa degli aboliti Domenicani. Non ha rendite di parte alcuna e le spese di culto si forniscono con le pie elargizioni de’ fedeli”.33 Mons. Positano trova l’altare della Madonna del Santo Rosario “decentemente fornito di un nuovo parato di cande-lieri di legno inargentato…che ha lodato ed approvato”.34 Ma è lo stato di tutta la chiesa che viene partico-larmente apprezzato da Sua Eccellenza“che si è molto compiaciuta della maniera decente e pulita con cui è tenuta e servita la Chiesa di San Domenico e perciò si è congratulata col Rettore”.35

Come si è detto, con la soppressione del Convento la chiesa fu ceduta al Capitolo, il quale nel 1832, anno di approvazione della Confraternita, la cedette al Pio Sodalizio con ogni onere, motivo per il quale rimase a carico della Confraternita “la quale tiene la cura delle annue riparazioni, che occorrono in detta chiesa”.36 Riunioni dei confratelli sono previste tutti i giorni festivi, sotto la guida del Padre Spirituale Don Giuseppe Loforese.37Riunione annuale dopo la festa della Madonna del Rosario, per esaminare “i costi dell’amministra-zione mediante i Razionali deputati, per soddisfazione di tutti”.38Nel 1885 il Vescovo Mons. Bacile dovette intervenire con un suo decreto “onde terminare alcune vertenze le quali sogliono turbare la pace nelle Congregazioni e di cui non prima di ora ci è accaduto di essere infor-mati”.39Egli ribadiva a tutte le Confraternite i termini della contumacia:“La contumacia s’intende incorrersi siasi lasciando insoddisfatti i consueti tributi mensili stabiliti dalla regola, siasi per qualsivoglia altro doveroso pagamento di tasse dovute alle congreghe, rimaste inadempiute”.Erano previsti termini differenti per le varie Congregazioni locali: per la nostra confraternita solo quattro mesi; tuttavia ai fratelli contumaci per decreto veniva accordato un ulteriore periodo di sei mesi, trascorso il quale “vengono cancellati”. Senza dimen-ticare che è fatto divieto di far parte dell’associazione, e devono quindi essere radiati, sia ai “pubblici concubinarii e come che sia scandalosi”.Il Vescovo ricorda poi la procedura di riammissione: “per purgarsi dalla contumacia, come è prescritto dalle regole, si dovrà personalmente presentare in Congregazione il saldo del proprio debito (nel termine di sei mesi) e se vorrà rientrare sarà trattato come un novizio”.

Negli anni successivi e fino alla fine del secolo il sodalizio si affermò e il numero dei confratelli fu sempre più grande. Nel 1895, quando Priore era Domenico Amati, erano 58.40Il con-sistente numero degli associati testimonia il successo del sodalizio riscontrabile nella cura e nell’or-ganizzazione. In un elenco di para-menti ed arredi sacri, di quegli anni, compare una notevole dotazione di pianete, tunicelle, piviali e accessori per le varie celebrazioni, nonché una consistente dotazione di argenteria: una pisside, un ostensorio, tre calici, un turibolo con navicella, una corona grande ed una piccola. E ancora messali, messaletti, molte tovaglie e sottotovaglie da altare.“La congregazione possiede un fermaglio, due anelli e tre paia di orecchini con l’obbligo del riscatto”.

La sensibile variazione normativa imposta dalla legge 17 luglio 1890, che serviva a mettere ordine soprat-tutto nell’aspetto economico delle istituzioni pubbliche di beneficenza, innescò una serie di provvedimenti resi obbligatori dal parere del Consi-glio di Stato, 28 gennaio 1898, per il quale tutte le Confraternite, sia quelle aventi scopo misto di culto e di beneficenza sia quelle aventi mera-mente scopo di culto, erano comunque sottoposte alle norme delle suddetta Legge. E’ per questo motivo che il Prefetto di Lecce, in data 3 novembre 1898 chiede lumi ai Sindaci dei paesi della provincia chiedendo in particolare:

1)Il patrimonio mobiliare ed immobiliare di ciascun ente;

2)Le rendite derivanti da tale patrimonio;

3)Le rendite derivanti da contributi dei confratelli o congregati.

Nel conseguente prospetto, inviato dall’allora sindaco di Castellaneta Mauro Perrone, in risposta al Prefetto, la Congrega del Rosario risulta avere un patrimonio di 90 lire e un contributo per la fratellanza di 143 lire. Quest’ultima quota così impegnata: 50 lire destinate a beneficienza, 66 al culto e 19 alle spese di ammi-nistrazione.41

Un nuovo questionario viene inviato qualche anno più tardi dal Prefetto Minervini:ottiene risposta il 9 novembre 1903 per mano del Sindaco Nicola Catalano, che ha sostituito Mauro Perrone. Quest’ultimo viene a mancare il 24 febbraio 1913 lasciando profondo cordoglio in tutta la popolazione. In occasione dei suoi funerali il Sindaco così invita ad onorarlo:“Pregiomi invitare la S.V. a prendere parte ai funerali solenni per l’Illustre cittadino Cav. Uff. Mauro Perrone, dalla Civica Rappresentanza disposti per domani alle ore 9,30 per rendere l’ultimo tributo di affetto all’uomo venerando che per un cinquantennio nei consessi più autorevoli della Provincia onorò il Paese. Il Sindaco”.42

La risposta al Sindaco avviene su documentazione dei responsabili dei singoli sodalizi castellanetani: per la Confraternita del Rosario relaziona il Priore Pietro De Palma (1903), quando erano Assistenti Antonio Fanelli e Orazio Di Napoli. La notevole messe di documentazione trova un ordina-mento organico nella “Relazione sommaria sulle Opere Pie di Castellaneta” sottoscritta nel 1905, dal Real Commissario D’Avanzo. “Poiché agli atti poco o nulla esiste -scrive il D’Avanzo - si ritiene oppor-tuno chiedere alle stesse le notizie più importanti e se il funzionamento di esse avviene in modo regolare, e se sono istituite a norma di legge”.43 Questa dunque la radiografia del nostro sodalizio all’inizio del secolo scorso:“Intorno a quest’opera pia ben poche notizie ho potuto raccogliere; quelle avute però bastano a far ritenere che l’Ente funzioni assai male per cui si renderebbe necessario un accurato esame degli atti e dei documenti con-servati presso l’archivio dell’istituto, in seguito di che potrebbero farsi concrete proposte. L’Ente è regolato da regole che diconsi approvate nel 1832 da Re Ferdinando di Borbone; non possiede regolamento interno bensì alcuni decreti emessi secondo le circostanze, dalla locale Curia Vescovile. Attualmente gli associati sono in numero di 26 ma alcuni di essi non adempiono all’obbligo del pagamento dovuto in seguito all’iscrizione nella Confraternita che si dovrebbe versare mensilmente alla cassa nell’ammontare di Lire 0,20. Scopo dell’Ente sono opere di pietà e di culto, comune del resto a tutti gli altri istituti Pii di questa città. L’amministrazione dell’Opera Pia è costituita da un Priore e da due assistenti, di cui uno funge anche da segretario. Vi è un tesoriere; ma niuna disposizione di legge viene osservata in proposito, onde non ha prestata cauzione alcuna e la sua nomina non risulta sia stata mai approvata dall’Autorità tutoria. Il Priore della Confraternita mi ha affermato che l’Ente non possiede alcun patrimonio; da voci raccolte però parrebbe che quanto possedeva l’Istituto sia stato lentamente dilapidato da ammini-stratori per nulla scrupolosi e affatto accorti. Attualmente esisterebbero in cassa circa 400 lire e n.63 antiche piastre d’argento. Mai fu compilato bilancio o non risulta approvato alcun conto, anche di epoca abbastanza remota. Interrogato gli Amministratori circa lo stato deplorevole d’abbandono in cui trovasi l’Ente e circa il funzionamento irregolare di esso, si sono scusati asserendo che essendo rimasta interdetta per nove anni la Chiesa nella quale ha sede l’opera pia, questa si è quasi del tutto disor-ganizzata. Benché davvero la chiesa sia stata interdetta, tuttavia essa è stata riaperta al culto il 5 maggio 1912, si sarebbe quindi avuto tutto il tempo di regolarizzare l’andamento dell’Istituto ma ciò, ripeto, non si è verificato per la incuria degli amministratori.

Risulta che quasi tutte [le confra-ternite] han bisogno di essere invitate a regolarizzare il proprio funziona-mento. Alcune, in special modo la Confraternita del Rosario, [di S.Maria dell’Aiuto e di S. Francesco di Paola], occorre siano riorganizzate del tutto. Non sarebbe fuori di luogo studiare, tenendo presenti le tavole di fonda-zioni, gli eventuali atti testamentari dei benefattori degli Enti e gli atti di donazione, se non sia il caso di proporre trasformazione di essi e il successivo concentramento nella locale Congregazione di Carità. Con osservanza. Il R. Commissario D’Avanzo”.44

I rilievi del commissario derivavano da indicazioni fornite anche dal Priore successivo Salvatore D’Onofrio.45 Egli indicava i nomi degli assistenti, Angelo D’Onofrio e Francesco Bruno (segretario), del tesoriere Giuseppe D’Onofrio il quale “non ha mai data né dà cauzione alcuna”.46 Il Priore ribadiva il motivo di tanto disordine: la chiesa di San Domenico, sede della Congrega, era stata interdetta per nove anni perché pericolante. Solo alla riapertura della chiesa, il 5 maggio 1912, ripresero le attività e la nuova organizzazione.

Nel 1900 però ad una importante votazione erano presenti, nella sacrestia della chiesa di San Dome-nico, solo in 25, su proposta del Priore Vito Marino Santillo, si votò per l’elezione del nuovo Rettore, avendo quello in carica, il Tesoriere don Tommaso Margherita, presentato le dimissioni. Fra la terna di nominativi proposti fu eletto il Canonico Francesco Tagliente,47 che nell’as-sumere l’ufficio di Direttore della Congrega del Rosario, fu costretto a dimettersi dalla carica che aveva nella Congrega dell’Aiuto. Pochi anni in carica se nel 1908 era già stato sostituito. Infatti nella riunione del primo gennaio, in sostituzione del dimissionario Canonico Francesco Paolo Maggiore, venne eletto il sacerdote Raffaele Forte.48 Alla riunione, presieduta dal Priore Sigismondo Verzillo, erano presenti 22 confratelli.

La chiesa riprese a funzionare grazie all’abnegazione del Rettore, il sacerdote don Martino Loforese, nato nel 1875 ed ordinato sacerdote nel 1900 da Monsignor Giocondo De Nittis. Rettore della Chiesa per quasi trent’anni, intraprese molte iniziative pastorali, con una attività instancabile ricordata da una epigrafe in marmo posta vicino l’ingresso princi-pale:“Cantore Martino Loforese / 5 maggio 1912-24 luglio 1941 / Rettore della Chiesa San Domenico / che / già interdetta al culto / con infaticabile zelo sacerdotale / riportò al decoro / di tempio sacro a Maria SS. Del Rosario / ed alla Pia Opera dei Rosa-

rianti / da lui stesso ideata”.

Ad opera di don Martino Loforese, il 15 agosto 1921 venne fondata la Pia Opera dei Rosarianti e del Perpetuo Suffragio,49 con l’approvazione del Vescovo Mons. Agostino Laera, soli-dali intorno al Rosario, una privilegiata preghiera a Maria, voluta dal papa Pio V, frate domenicano e quindi paladino di quella preghiera nel proprio Ordine: con la struttura della corona mariana nella tripartizione dei quindici misteri, ritmati dalle centocinquanta Ave Maria in riferimento ai 150 Salmi biblici. Gli apporti successivi non hanno alterato la fissità di tale struttura. Soltanto dopo 433 anni, Papa Giovanni Paolo II, introdusse sostanziose novità nella struttura stessa di esso tramite l’inserimento di ulteriori cinque tappe tracciate come misteri della luce.

“Scopo della Pia Opera da me ideata è quello di dar gloria a Dio con la preghiera e mercè la conservazione e il decoro della sua casa in terra, la Chiesa; e poi arrecare, mediante il nostro sacerdotale ministero, ogni sollievo, ogni refrigerio alle benedette anime del Purgatorio, sino alla loro completa liberazione, conducendole in Cielo”.50 Il regolamento dell’opera prevedeva tre articoli: onorare la SS. Vergine con la recita del S. Rosario, di concorrere ai restauri necessari alla Chiesa di S. Domenico, a Lei dedicata, di assicurare perpetui suffragi alle benedette anime di tutti i Rosarianti defunti. Conseguentemente i doveri dei rosarianti: recitare almeno la terza parte del S. Rosario quotidianamente, ma soprattutto propagare la devozione del S. Rosario, e procurare sempre nuovi ascritti Rosarianti, versare una qualsiasi offerta, generosa o modesta che sia.51 In cambio Messe solenni, e speciali preghiere in caso di morte, per i vivi e per i morti. In sostanza gli scopi principali della fondazione erano “fornire i mezzi necessari al compi-mento dei restauri della chiesa, opera questa santissima e perciò tanto meritoria e assicurare l’opera del Perpetuo Suffragio”. In sostanza due terzi della quota erano destinati ai restauri e “un terzo devoluto a formare il capitale fruttifero per la Pia Opera del Suffragio”. Capitale fruttifero perché convertito in titoli di rendita affidati esclusivamente al Vescovo pro-tempore: “La detta Pia Opera dei Rosarianti e del Perpetuo Suffragio è posta sotto la protezione di Mons. Vescovo D. Agostino Laera (e dei suoi successori) che ne sorveglia l’amministrazione e l’amministra e regola liberamente per il suo maggior incremento”.52

Grande animatore di attività pastorali e di preghiera ma anche attento manutentore del patrimonio immobiliare a lui affidato, il Canonico Cantore Martino Loforese, qualche anno più tardi istituisce la devota pratica del Tesoro della Via Crucis, per la quale ogni opera meritoria praticata nella chiesa di san Domenico consente la parte-cipazione ai benefici delle preghiere e alle indulgenze previste attraverso una messa dedicata con le seguenti intenzioni:“per ottenere una buona e santa morte, grazie spirituali e temporali, per suf-fragare le anime dei defunti ascritti alla Pia Opera”.53 In quegli stessi anni la sua meritoria attività fa ottenere, per decreto del Vescovo Mons. Agostino Laera, l’indulgenza di 50 giorni, per la recita di preghiere parti-colari.54

E ancora nel 1936 istituisce l’opera del Pane di S.Antonio, con l’obiettivo di raccogliere offerte da destinare ai poveri della città: nell’occasione dedica un altare al Santo, nella cappel-la seconda a sini-stra, già dedicata alla Madonna del Carmine, e in tempi più antichi a Santa Rosa da Lima. Don Martino non trascurava nulla che potesse essergli utile al decoro temporale e spirituale della sua chiesa: c’è chi ancora lo ricorda impegnato nella raccolta di cose dismesse, ma soprattutto ferri vecchi e capelli tagliati, cianfrusaglie a cui riusciva a dare un valore economico, per l’attuazione delle proprie iniziative.

Nella sua instancabile attività si deve registrare però la pausa della prima guerra mondiale, durante la quale don Martino Loforese dovette servire la Patria, come Sergente maggiore dell’Ufficio di sanità. Assolta tale incombenza si fece ancora una volta promotore di una iniziativa caritatevole in ricordo dei commilitoni caduti nella guerra: un monumento di cartapesta posto sul primo pilastro a destra, nella navata centrale, raffigurante un soldato caduto che onora la bandiera italiana, e sovrastato dall’angelo della morte, all’ombra di una grande croce su cui si legge “Fortes in fide”. Sul fronte del basamento la scritta: “I Rosarianti ai cari soldati Rosarianti defunti / 11 novembre 1923 / Nel Rosario e col Rosario di Maria ogni virtù, ogni grandezza italica”. E infine ai lati del monumento due angeli reggi fiaccola, unici dettagli sopravvissuti, e adesso sistemati ai lati dell’altare maggiore.

Con la costituzione della Provincia di Taranto (1923) e quindi della relativa Prefettura ci fu la necessità di fare nuovamente il punto della situazione. Il 6 marzo 1924 una nota del Prefetto con la richiesta di notizie di tutte le Opere Pie della Provincia. Questa volta a rispondere al Real Commis-sario D’Avanzo è il Priore Antonio Cassano fu Natale. E ancora qualche anno più tardi, 1927, in un elenco delle istituzioni di beneficienza è annotata la nostra confraternita “con scopo di culto, sorta da secoli, con entrate nulle”.

Nell’anno 1935, su istanza del Vesco-vo Mons. Francesco Potenza, la chiesa ex monastica di san Domenico e 5 locali dell’ex Convento, da adibirsi a Retto-ria, furono cedu-ti dal Comune di Castellaneta all’Autorità ecclesiastica. Chiesa e Convento erano pervenuti al Comune in virtù del Decreto reale del 21 aprile 1813, emesso da Gioacchino Napoleone Re delle due Sicilie. Mons. Potenza aveva chiesto la restituzione dal 1933 e gli adempimenti burocratici si erano conclusi con la nota prefettizia n. 25554 del 9 gennaio 1935 che di-sponeva la retrocessione dal Comune al Fondo per il culto della chiesa con tutti gli arredi e una parte del fabbricato per la Rettoria, stabilendo che contemporaneamente il Fondo la cedesse all’Ordinario Diocesano pro-tempore, legale rappresentante della chiesa stessa. Con la proprietà ven-gono ovviamente trasferiti tutti gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria, il tributo fondiario, le spese di ufficiatura della chiesa.55

La nostra confraternita oltre al compito di tenere viva la devozione mariana, si è distinta in modo particolare nel culto dei morti, con una serie di funzioni religiose di grande effetto. Il pio ufficio della sepoltura, che è un obbligo per tutte le Confraternite, comportava, dopo la messa esequiale, l’accompagnamento al cimitero e le incombenze sepolcrali. Era prevista inoltre la partecipazione alle messe di suffragio o di commemorazione, soprattutto negli anniversari di morte dei confratelli.

I complessi riti liturgici del giorno della commemorazione dei defunti sono ormai solo nella memoria degli associati più anziani. Prima dell’alba del 2 novembre, i confratelli incap-pucciati si riunivano in chiesa vestiti di sacco per la celebrazione della Messa in suffragio di tutti i defunti. Alla luce delle candele, poiché era ancora buio, si elevavano, nella grande chiesa dei domenicani, canti, litanie e salmi in una suggestiva e, a volte sofferta, partecipazione all’apparizione simbolica della morte pronta a venire all’improvviso, e della quale dava concreta testimonianza un catafalco eretto al centro del transetto con il nome di “Castellana”. Con ai quattro angoli le candele accese, la cui luce diventava spettrale e rischiarava gli elementi simbolici della morte dipinti ai lati del catafalco stesso. Era un cerimoniale che poteva anche incutere paura, ma sostenuto dalla memoria •delle Anime del Purgatorio, anche con un corteo, all’apparenza lugubre, di confratelli incappucciati che usciva dopo la celebrazione notturna e in processione percorreva le strade del centro storico scampanellando e chiedendo, con una sorta di lamentosa

cantilena, l’obolo per i defunti: “L’an’m sant’ e b’n’ditt du Priatorij”. Nell’ambito della riforma postconciliare il rito è stato abolito e sostituito dalla sola celebrazione liturgica mattutina, in memoria dei fedeli defunti

Manifestazioni organizzate:

Festa della Beata Maria Vergine del Rosario: seconda domenica di ottobre, festa religiosa e civile con processione;

“L’an’m sant’ e b’n’ditt du Priatorij” – corteo di preghiera per i defunti: sera del primo novembre;

Supplica Madonna del Rosario: 8 Maggio e Prima domenica di Ottobre;

Solennità di San Domenico: 8 agosto.

Le nostre coordinate sono:

Confraternita B.V.M. del Rosario

Via San Domenico, 32

74011 - Castellaneta (TA)

 

Parrocchia di appartenenza:

Parrocchia San Domenico

I nostri responsabili:

Padre Spirituale: Sac. Giuseppe CIAURRO

PRIORE: Michele GARZONE

VICE PRIORE: Angelo DI PIPPA

II ASSISTENTE: Vincenzo MOLFETTA